Di “multimodalità” se ne sentirà parlare sempre di più nei prossimi anni e decenni.
Concetto già sbarcato in comunicazione (il professore di Semiotica Gunther Kress ne ha scritto un libro a riguardo, introducendo il tema della multimodalità nell’apprendimento), poi in psicoterapia (approccio di Arnold Lazarus), inizia a fare breccia nella medicina, prima nel trattamento dei Disturbi da Deficit di Attenzione/Iperattività, poi nel trattamento di patologie e disturbi complessi, sia in ambito veterinario che riabilitativo.
Ma cosa significa “multimodale”?
Viene definita multimodale una “strategia che si configura o si effettua utilizzando vari modi o vie di applicazione”.
In psicoterapia, l’approccio multimodale viene definito dallo stesso Lazarus e discenti “una terapia breve e completa” proprio per la sua capacità di sintesi, efficienza e chiarezza.
Lo stesso, infatti, però afferma che è possibile e applicabile solo a condizione che venga effettuata una diagnosi approfondita: «Un’accurata valutazione (diagnosi) è garantita da un accertamento sistematico di ciascuna modalità e delle sue interazioni con ognuna delle altre» (Lazarus, 2003, 21).
Un approccio che sia risolutivo di una problematica di salute debba agire quindi su più livelli! E per essere pianificato, quindi, deve susseguire ad un’attenta ed approfondita valutazione del sistema stesso.
Un Approccio Multimodale non è possibile, quindi, senza che sia stata eseguita una Valutazione Multidimensionale.
La domanda che mi pongo è: esiste in medicina riabilitativa un trattamento che si effettua seguendo una sola modalità operativa? Esiste la panacea di tutti i mali? Esiste “l’unica cosa che conta” o “l’unica cosa che funziona”? E’ mai esistita “l’unica tecnica” e “l’unico metodo” in grado di risolvere tutto?
No, non esiste! Non è mai esistita e e non esisterà mai,
soprattutto in Riabilitazione ortopedica ed ancora di più nel trattamento delle sindromi mio-fasciali.
Ma, come si può adattare il concetto di Multimodalità in riabilitazione e perché sia necessario farlo?
Per passare da una visione di trattamento “strumento-centrica” che mette al centro i mezzi anziché il fine ad una visione “soluzione-centrica”, bisogna prima di tutto ricordarsi che il lavoro di un riabilitatore sia quello di risolvere i problemi di salute e non di applicare la “metodica del cuore”, il macchinario di 20mila euro o difendere la propria scuola di pensiero.
Solo quando avrai la mente libera da inutili superficialità, potrai focalizzarti sul tuo vero lavoro: risolvere i problemi di salute dei tuoi pazienti (in relazione alla tua specializzazione, non ai tuoi diplomini di carta appesi al muro).
Alla tua Crescita.
Dr. Salvatore Mautone